Il movimento studentesco non è rappresentabile
La riforma dell'università non deve essere oggetto di trattativa da parte dell'opposizione, se il governo vuole dialogare con qualcuno, lo faccia direttamente col movimento, a partire dal ritiro della legge 133 e della legge Gelmini.
Le straordinarie giornate di mobilitazione della settimana appena trascorsa hanno prodotto nel governo una spaccatura sul tema della riforma universitaria. Sabato il Presidente del Consiglio faceva marcia indietro sull'eventualità di un decreto su questo tema nell'arco di pochi giorni, il giorno successivo per mezzo di Paolo Bonaiuti queste dichiarazioni venivano puntualmente smentite. Oggi, dalle pagine di Repubblica l'on. Calderoli auspicava un clima di dialogo con l'opposizione sul tema delle riforme, invito subito raccolto dalle segreterie di partito che si dichiaravano disponibili alla trattativa.
Le mobilitazioni di queste settimane hanno interessato centinaia di migliaia di persone in tutto il paese, costruendo attraverso la pratica quotidiana delle assemblee nelle facoltà e negli atenei in agitazione una straordinaria esperienza di partecipazione democratica, irriducibile nelle forme della rappresentanza politica e della delega. Per questo riteniamo che qualunque tipo di discussione sull'università debba partire dal ritiro immediato della legge 133, della legge Gelmini e da un dialogo diretto col movimento studentesco.
Una riforma dell'università è già in atto, quella che stiamo costruendo nelle università occupate e in mobilitazione, partendo dai nostri gruppi di lavoro, lezioni riconvertite, seminari di autoformazione, attraversati da studenti, ricercatori precari e dottorandi.
L'onda non si arresta:
* il 7/11 giornata diffusa di mobilitazione nazionale.
* il 14/11 corteo nazionale autonomo e indipendente di scuola e
università a Roma.
* Il 15 e16/11 assemblea nazionale a Roma per l'autoriforma.
Assemblea d'ateneo della Sapienza
in mobilitazione permanente
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