mercoledì 26 novembre 2008

Senza uguaglianza la democrazia è un regime (di G. Zagrebelsky)

Una lezione magistrale di uno che le parole e il pensiero sa come usarli.
Regime, democrazia, costituzione, eguaglianza.
La Repubblica, 25 novembre 2008


Regime o non-regime? Un confronto su questo dilemma, pur così tanto determinante rispetto al dovere morale che tutti riguarda, ora come sempre, qui come ovunque, di prendere posizione circa la conduzione politica del paese di cui si è cittadini, non è neppure incominciato. La ragione sta, probabilmente, in un’associazione di idee. Se il "regime", inevitabilmente, è quello del ventennio fascista, allora la domanda se in Italia c’è un regime significa se c’è "il" o "un" fascismo; oppure, più in generale, se c’è qualcosa che gli assomigli in autoritarismo, arbitrio, provincialismo, demagogia, manipolazione del consenso, intolleranza, violenza, ecc. Così, una questione seria, anzi cruciale, viene attratta sul terreno, che non si presta all’analisi, della demonizzazione politica, funzionale all’isteria e allo scontro.

Ma "regime" è un termine totalmente neutro, che significa semplicemente modo di reggere le società umane. Parliamo di "Ancien Régime", di regimi repubblicani e democratici, monarchici, parlamentari, presidenziali, liberali, totalitari e, tra gli altri, per l’appunto, di regime fascista. Senza qualificazione, regime non ci dice nulla su cui ci sia da prendere posizione, perché l’essenziale sta nell’aggettivo.

Così, assumendo la parola nel suo significato proprio, isolato dalle reminiscenze, la domanda iniziale cambia di senso: da "esiste attualmente un regime" in "il regime attuale è qualcosa di nuovo, rispetto al precedente"? Che l’Italia viva un’esperienza costituzionale, forse ancora in divenire e dall’esito non scontato, che mira a non lasciarsi confondere con quella che l’ha preceduta: almeno di questo non c’è da dubitare. Lo pensano, e talora lo dicono, tanto i favorevoli, quanto i contrari, cioè lo pensiamo e lo diciamo tutti, con definizioni ora passatiste ora futuriste.

Non lo si dice ufficialmente e a cifra tonda, perché il momento è, o sembra, ancora quello dell’incubazione. La covata è a mezzo. L’esito non è scritto. La Costituzione del ‘48 non è abolita e, perciò, accredita l’impressione di una certa continuità. Ma è sottoposta a erosioni e svuotamenti di cui nessuno, per ora, può conoscere l’esito. Forze potenti sono all’opera per il suo superamento, ma altre forze possono mobilitarsi per la sua difesa. La Costituzione è in bilico.

Che cosa significa "costituzione in bilico"? Innanzitutto, che non si vive in una legittimità costituzionale generalmente accettata, cioè in una sola concezione della giusta costituzione, ma in (almeno) due che si confrontano. Ogni forma di reggimento politico si basa su un principio essenziale, una molla etica, il ressort di cui parla Montesquieu, trattando delle forme di governo nell’Esprit des lois. Quando questo principio essenziale è in consonanza con l’esprit général di un popolo, allora possiamo dire che la costituzione è legittima e, perciò, solida e accettata. Quando è dissonante, la costituzione è destinata crollare, a essere detronizzata. Se invece lo spirito pubblico è diviso, e dunque non esiste un esprit che possa dirsi général, questo è il momento dell’incertezza costituzionale, il momento della costituzione in bilico e della bilancia che prima o poi dovrà pendere da una parte. È il momento del conflitto latente, che non viene dichiarato perché i fautori della rottura costituzionale come quelli della continuità non si sentono abbastanza sicuri di sé e preferiscono allontanare il chiarimento. I primi aspettano il tempo più favorevole; i secondi attendono che passi sempre ancora un giorno di più, ingannando se stessi, non volendo vedere ciò che temono. Tutti attendono, ma i primi per prudenza, i secondi per ignavia.

Non voler vedere, significa scambiare per accidentali deviazioni quelli che sono segni di un mutamento di rotta; significa sbagliare, prendendo per lucciole, cioè per piccole alterazioni che saranno presto dimenticate come momentanee illegalità, quelle che sono invece lanterne, cioè segni premonitori e preparazioni di una diversa legittimità. Così, si resta inerti. L’accumulo progressivo di materiali di costruzione del nuovo regime procede senza ostacoli e, prima o poi, farà massa. Allora, non sarà più possibile non voler vedere, ma sarà troppo tardi.

* * *

Ciò che davvero qualifica e distingue i regimi politici nella loro natura più profonda e che segna il passaggio dall’uno all’altro, è l’atteggiamento di fronte all’uguaglianza, il valore politico, tra tutti, il più importante e, tra tutti però, oggi il più negletto, perfino talora deriso, a destra e a sinistra. Perché il più importante? Perché dall’uguaglianza dipendono tutti gli altri. Anzi, dipende il rovesciamento nel loro contrario. Senza uguaglianza, la libertà vale come garanzia di prepotenza dei forti, cioè come oppressione dei deboli. Senza uguaglianza, la società, dividendosi in strati, diventa gerarchia. Senza uguaglianza, i diritti cambiano natura: per coloro che stanno in alto, diventano privilegi e, per quelli che stanno in basso, concessioni o carità. Senza uguaglianza, ciò che è giustizia per i primi è ingiustizia per i secondi. Senza uguaglianza, la solidarietà si trasforma in invidia sociale. Senza uguaglianza, le istituzioni, da luoghi di protezione e integrazione, diventano strumenti di oppressione e divisione. Senza uguaglianza, il merito viene sostituito dal patronaggio; le capacità dal conformismo e dalla sottomissione; la dignità dalla prostituzione. Nell’essenziale: senza uguaglianza, la democrazia è oligarchia, un regime castale. Quando le oligarchie soppiantano la democrazia, le forme di quest’ultima (il voto, i partiti, l’informazione, la discussione, ecc.) possono anche non scomparire, ma si trasformano, anzi si rovesciano: i diritti di partecipazione politica diventano armi nelle mani di gruppi potere, per regolare conti della cui natura, da fuori, nemmeno si è consapevoli.

Questi rovesciamenti avvengono spesso sotto la copertura di parole invariate (libertà, società, diritti, ecc.). Possiamo constatare allora la verità di questa legge generale: nel mondo della politica, le parole sono esposte a rovesciamenti di significato a seconda che siano pronunciate da sopra o da sotto della scala sociale. Ciò vale a iniziare dalla parola "politica": forza sopraffattrice dal punto di vista dei forti, come nel binomio amico-nemico; oppure, dal punto di vista dei deboli, esperienza di convivenza, come suggerisce l’etimo di politéia. Un uso ambiguo, dunque, che giustifica la domanda a chi parla di politica: da che parte stai, degli inermi o dei potenti? La ricomposizione dei significati e quindi l’integrità della comunicazione politica sono possibili solo nella comune tensione all’uguaglianza.

* * *

Ritorniamo alla questione iniziale, se sia in corso, o se si sia già realizzato, un cambiamento di regime, dal punto di vista decisivo dell’uguaglianza.

In ogni organizzazione di grandi numeri si insinua un potere oligarchico, cioè il contrario dell’uguaglianza. Anzi, più i numeri sono grandi, più questa è una legge "ferrea". E’ la constatazione di un paradosso, o di una contraddizione della democrazia. Ma è molto diverso se l’uguaglianza è accantonata, tra i ferri vecchi della politica o le pie illusioni, oppure se è (ancora) valore dell’azione politica. La costituzione - questa costituzione che assume l’uguaglianza come suo principio essenziale - è in bilico proprio su questo punto.

Noi non possiamo non vedere che la società è ormai divisa in strati e che questi strati non sono comunicanti. Più in basso di tutti stanno gli invisibili, i senza diritti che noi, con la nostra legge, definiamo "clandestini", quelli per i quali, obbligati a tutto subire, non c’è legge; al vertice, i privilegiati, uniti in famiglie di sangue e d’interesse, per i quali, anche, non c’è legge, ma nel senso opposto, perché è tutto permesso e, se la legge è d’ostacolo, la si cambia, la si piega o non la si applica affatto. In mezzo, una società stratificata e sclerotizzata, tipo Ancien Régime, dove la mobilità è sempre più scarsa e la condizione sociale di nascita sempre più determina il destino. Se si accetta tutto ciò, il resto viene per conseguenza. Viene per conseguenza che la coercizione dello Stato sia inegualmente distribuita: maggiore quanto più si scende nella scala sociale, minore quanto più si sale; che il diritto penale, di fatto, sia un diritto classista e che, per i potenti, il processo penale non esista più; che nel campo dei diritti sociali la garanzia pubblica sia progressivamente sostituita dall’intervento privato, dove chi più ha, più può. Né sorprende che quello che la costituzione considera il primo diritto di cittadinanza, il lavoro, si riduca a una merce di cui fare mercato.

Analogamente, anche l’organizzazione del potere si sposta e si chiude in alto. L’oligarchia partitica non è che un riflesso della struttura sociale. La vigente legge elettorale, che attribuisce interamente ai loro organi dirigenti la scelta dei rappresentanti, escluso il voto di preferenza, non è che una conseguenza. Così come è una conseguenza l’allergia nei confronti dei pesi e contrappesi costituzionali e della separazione dei poteri, e nei confronti della complessità e della lunghezza delle procedure democratiche, parlamentari. Decidere bisogna, e dall’alto; il consenso, semmai, salirà poi dal basso.

E’ una conseguenza, infine, non la causa, la concentrazione di potere non solo politico ma anche economico-finanziario e cultural-mediatico. L’indipendenza relativa delle cosiddette tre funzioni sociali, da millenni considerata garanzia di equilibrio, buon governo delle società, è minacciata. Ma il tema delle incompatibilità, cioè del conflitto di interessi, a destra come a sinistra, è stato accantonato.

La causa è sempre e solo una: l’appannamento, per non dire di più, dell’uguaglianza e la rete di gerarchie che ne deriva. Qui si gioca la partita decisiva del "regime". Tutto il resto è conseguenza e pensare di rimettere le cose a posto, nelle tante ingiustizie e nelle tante forzature istituzionali senza affrontare la causa, significa girare a vuoto, anzi farsene complici.

Nessun regime politico si riduce a un uomo solo, nemmeno i "dispotismi asiatici", dove tutto sembrava dipendere dall’arbitrio di uno solo, kahn, califfo, satrapo, sultano, o imperatore cinese. Sempre si tratta di potere organizzato in sistemi di relazioni. Alessandro Magno, il più "orientale" dei signori dell’Occidente, perse il suo impero perché (dice Plutarco), mentre trattava i Greci come un capo, cioè come fossero parenti e amici, «si comportava con i barbari come con animali o piante», cioè meri oggetti di dominio, «così riempiendo il suo regno di esìli, destinati a produrre guerre e sedizioni». Sarà pur vero che comportamenti di quest’ultimo genere non mancano, ma non vedere il sistema su cui si innestano e li producono significa trascurarne le cause per restare alla superficie, spesso solo al folklore.

domenica 23 novembre 2008

REGGIO C./FACOLTA' ARCHITETTURA: PRESIDE, ARCH. FUKSAS HA ESTERNATO OPINIONI LESIVE

REGGIO C./FACOLTA' ARCHITETTURA: PRESIDE, ARCH. FUKSAS HA ESTERNATO OPINIONI LESIVE


(ASCA) - Reggio Calabria, 22 nov - ''Devo constatare, con rammarico, che, nella trasmissione Annozero in onda ieri su Rai 2, in prima serata, l'architetto Fuksas ha esternato opinioni fortemente lesivi sulla facolta' di Architettura di Reggio Calabria. Le frasi di carattere denigratorio nei confronti dei docenti e delle piu' alte cariche dell'Universita' Mediterranea di Reggio calabria sono state pronunciate con evidente superficialita' e disinformazione''.

Lo ha detto la Preside della Facolta' di Architettura dell'Universita' Mediterranea di Reggio Calabria,Francesca Fatta.

''Dopo un documentato servizio sull'Universita' di Messina, in cui si e' trattato degli attuali fatti di cronaca, l'arch. Fuksas ha creduto bene di lanciare battute gratuite sulla Facolta' di Architettura di Reggio Calabria, che, ricordo, appartiene ad una delle universita' che rientrano nei parametri virtuosi del MIUR. Le frasi dell'arch. Fuksas - dice l'arch. Fatta - trattano di presunti ''sfigati e portaborse'', che, nei primi anni '70, furono chiamati da Quattroni per collaborare alla fondazione della Facolta'.


Tra questi per tutti ricordo Antonio Quistelli. Proseguendo con le imprecisioni dette con evidente acrimonia e malafede - dice Fatta - non si possono accettare frasi buttate a casaccio come ''professori, presidi e rettori divenuti tali senza concorso''. Questa e' una battuta che non merita alcuna ulteriore chiosa. Vorrei che l'arch. Fuksas, sicuramente parte dello star system dell'architettura internazionale e che, per lunghi anni, ha avuto come collaboratori architetti formati in questa facolta', trovasse la voglia e il tempo di rivedere le sue attuali opinioni su Reggio Calabria. E' nata piccola e romana, e questo per noi e' un vanto, poiche' rivendichiamo i Maestri che ci hanno preceduto. Oggi la facolta' di Architettura conta oltre 130 docenti strutturati, in gran parte siciliani e calabresi, oltre 750 matricole e piu' di 3000 studenti. Siamo cresciuti e, benche' periferici, non ci sentiamo affatto marginali nel panorama nazionale ed internazionale''.

''Mi auguro che l'infelice intervento - conclude l'arch. Fatta - non si ritorca sulla nostra immagine, perche' sarei costretta a chiedere gli eventuali danni e in questi tempi di ristrettezze economiche non sarebbe poi cosi' male.

Fuksas ad Annozero: comunicato stampa del Rettore della "Mediterranea"

21 novembre Fuksas ad Annozero: comunicato stampa del Rettore
Annozero di giovedì 20/11/2008

Chiunque conosca Massimiliano Fuksas avrebbe capito, vedendo l’ultima puntata di Annozero, che l’architetto romano, sul tema dell’Università in generale, e sull’Università Mediterranea di Reggio Calabria in particolare era animato da risentimenti personali .

Il suo parlare concitato e, soprattutto, il lapsus più volte ripetuto (tre) su di un preside “fisico- storico delle scienze”, lasciava trasparire coinvolgimenti emotivi, noti a tutti. Almeno a tutti quelli che conoscono personalmente Massimiliano dall’Università, cioè ai suoi colleghi romani che, ancora giovanissimi, non in grado quindi di essere, come da lui affermato, “sfigati” erano stati chiamati da Ludovico Quaroni e successivamente da Antonio Quistelli a lavorare in una sede oggettivamente difficile e, a costo di notevolissimi sacrifici personali, alla nascita di una nuova Università. Nomi, tra gli altri, al centro del dibattito, come quelli di Franco Purini e Laura Thermes, Sandro Anselmi o Renato Nicolini, o di Lucio Valerio Barbera, Antonino Terranova e Tato Dierna, attualmente esponenti di rilievo della romana Sapienza che hanno contribuito ad impostare una scuola.
E mi domando: può una trasmissione della rete pubblica, in prima serata, permettere ad una persona, per quanto autorevole, di fornire, senza alcun contraddittorio, tra allusioni e denigrazioni umorali, una rappresentazione fuorviante e gravemente lesiva di una realtà istituzionale?

E Fuksas è una persona autorevole. Un architetto da tutti conosciuto. Progetta e realizza opere in ogni parte del mondo. I libri che parlano delle sue opere sono tradotti in moltissimi paesi. Fa parte dello star system dell’architettura mondiale: oggi un concorso lo vince uno, domani l’altro e così via. Nello scambio incrociato delle commissioni. Altrimenti che circuito sarebbe? Chiuso e impermabile a nuove inclusioni.

Molti studenti, di sedi centrali e periferiche, guardano a questi architetti ammirati, con il desiderio di apprendere l’arte del progetto. Le forme di un sogno. Per emularli e competere, una volta laureati, dove la vita professionale, il caso o la ventura li porterà.

E i nostri giovani architetti, nei 400 e più comuni della Calabria, quando non al nord o in Francia o altrove, con l’entusiasmo e le competenze acquisiti qui da noi, nel loro piccolo, contribuiscono ogni giorno, con la cultura e il progetto, a rendere migliore un territorio per molti versi da altri disastrato, sia dal punto di vista architettonico che ambientale. Temi, costantemente, all’attenzione della nostra Università.

Tra l’altro, anche Fuksas ha avuto come collaboratori molti giovani architetti provenienti dalla facoltà di architettura di Reggio Calabria. Contento di lavorarci assieme. Presumo per quanto sapevano e per l’intelligenza e l’entusiasmo che mostravano nel farlo. Contribuendo, per queste ragioni, in alcuni casi a lanciarli in contesti internazionali.

Da un architetto di successo come Massimiliano Fuksas gli studenti di architettura di una facoltà periferica come quella della Mediterranea, s’aspettano lezioni e conferenze, immagini e belle architetture, più generosità. Parole che siano d’incitamento e non di denigrazione solo perchè nati in una terra periferica (nell’era d’internet, della globalizzazione, ma via?).

Antonio Quistelli, fondatore e primo Rettore della Mediterranea, in un incontro con il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi, ebbe a dire, lui napoletano che lavorava a Roma con Ludovico Quadroni: “Vede signor Presidente per alcuni di noi lavorare in una Università calabrese ha il significato di una scelta di vita. Fare cose in questa terra ha un valore diverso che farle a Roma o Milano. Perché queste cose possono contribuire, tra l’altro, a diffondere una cultura della legalità che lentamente permetta alla Calabria la crescita civile, economica e sociale che la sua gente si merita.”

Un’ultima cosa sulle cariche di preside e di rettore, richiamate da Fuksas. E’ a tutti noto che sono cariche elettive, votate, con regole trasparenti, dalla comunità scientifica della facoltà per il preside e dell’intero ateneo per il rettore. Con il voto di centinaia di persone, monitorato dagli organi di stampa e da tutto il pubblico di una regione partecipe.

Massimo Giovannini
Rettore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Crollo scuola: "Qui si muore andando a lezione"

Una zia del ragazzo morto nella scuola: "Gli istituti fanno schifo"
Il sindaco: "Una morte bianca". Il Codacons: "Una tragedia annunciata"

Rivoli, polemica sulla sicurezza
"Qui si muore andando a lezione"

Il presidente della Repubblica: inquietanti interrogativi sulla sicurezza nelle scuole
Il ministro Gelmini: "Una tragedia incomprensibile"

RIVOLI (Torino) - "Fate vedere in che condizioni sono le scuole e che si può morire a 17 anni andando a lezione". La zia dello studente morto è la prima a lanciare l'accusa più bruciante quella che il Codacons riassume in una battuta: "E' una tragedia annunciata". "Allucinante", il commento del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli.

Il crollo del controsoffitto al liceo scientifico di Rivoli, pur nel momento di dolore e commozione, scatena la polemica. La zia di Vito che, con i genitori del ragazzo, ha raggiunto la scuola dopo la tragedia, dice ai fotografi e ai giornalisti: "Fotografate cosa è successo, fate vedere che le scuole italiane fanno schifo anche al Nord. E che si può morire a 17 anni, andando a lezione a scuola".

"E' una vergogna che in una scuola succedano queste cose" ha accusato la madre di Andrea, 17 anni, il più grave dei tre feriti ricoverati nell'ospedale Cto di Torino. Il ragazzo è in prognosi riservata, nel centro grandi traumi: ha riportato fratture alla colonna vertebrale con lesioni al midollo. "Siamo preoccupati - ha ribattuto il padre - speriamo non rimanga paralizzato. Se dovesse succedere non so come potrebbe reagire. E' un dramma incredibile, sono distrutto" ha aggiunto.

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, "profondamente addolorato" per la sciagura che "solleva inquietanti interrogativi sulle garanzie a presidio della sicurezza negli istituti scolastici", ha incaricato il prefetto di Torino, Paolo Padoin, di "rappresentare alla famiglia della vittima le espressioni del suo cordoglio ed esprimere agli studenti feriti l'augurio di pronta guarigione".

"Una tragedia veramente incomprensibile, non è possibile che un ragazzo perda la vita a scuola" ha detto il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, al termine di un incontro con le istituzioni locali e le forze dell'ordine svoltosi a Rivoli. "Sono qui per esprimere la mia vicinanza personale e del governo - ha aggiunto - a tutte le persone che sono state coinvolte in questa tragedia. Ai ragazzi e alle loro famiglie e, in modo particolare, alla famiglia del ragazzo che qui ha perso la vita". Il ministro ha poi aggiunto che "nel prossimo decreto, elaborato con la protezione civile, abbiamo previsto uno stanziamento straordinario per la manutenzione delle cento scuole più a rischio in Italia". Ma, come suggeriscono numerose associazioni che da tempo lanciano l'allarme sicurezza negli edifici scolastici, non esiste un monitoraggio cui fare riferimento.

Il sindaco di Rivoli, Guido Tallone, parla della tragedia nella scuola definendola "una morte bianca". "Non si risparmia sulla sicurezza nelle scuole - aggiunge - bisogna mettere da parte le tante inutili parole che sono state fatte ultimamente sulla scuola".

"Si tratta di una tragedia annunciata - afferma il presidente Codacons Carlo Rienzi - infatti il 75% degli istituti scolastici presenti sul nostro territorio non è sicuro poichè mancano diversi certificati previsti dalla legge. Da anni denunciamo lo stato di fatiscenza delle scuole italiane senza ottenere alcun intervento delle istituzioni a salvaguardia dell'incolumità degli studenti".

"In questo momento terribile, anche a nome di tutti i colleghi senatori, vorrei far giungere ai familiari del ragazzo rimasto ucciso i sentimenti della mia profonda tristezza e del cordoglio" sono le parole del presidente del Senato, Renato Schifani, in un messaggio fatto pervenire al prefetto di Torino dopo aver appreso "con sgomento" le notizie del crollo del tetto del liceo di Rivoli.

"Ho appreso con profondo dolore la notizia. Desidero esprimere ai familiari di Vito Scafidi il cordoglio mio personale e della Camera dei deputati, insieme a un augurio di pronta guarigione per i feriti" ha dichiarato il presidente della Camera, Gianfranco Fini.

La tragedia di Rivoli "non è una fatalità". E' il parere di Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil, che sottolinea "la pessima condizione degli edifici scolastici nel nostro paese. Una questione annosa che denunciamo da tanto tempo". "La gran parte degli edifici non è conforme alle norme di sicurezza e sono fatiscenti, la legge 626 non è applicata. Molte scuole sono a rischio" spiega il sindacalista per il quale quanto accaduto "può succedere ogni giorno". Ciò che serve, "urgentemente, è un rigoroso monitoraggio delle strutture e l'investimento di risorse. Ecco anche perché - aggiunge Pantaleo - non si può risparmiare sulla scuola".
(22 novembre 2008)

Fonte: Repubblica

Crollo scuola a Torino

Il pm Guariniello: questa tragedia insegna che "bisogna investire in sicurezza"
Migliorano le condizioni dei compagni tranne Andrea, ricoverato al Cto, che dovrà subire un altro intervento

Rivoli, nuovo sopralluogo al liceo Darwin

Seconda operazione per il ferito grave

TORINO - A Rivoli oggi è il giorno del dolore e dello sgomento, mentre procedono le indagini tra le macerie nell'aula della quarta G del liceo Darwin dove ieri è crollata la controsoffittatura e il tubo in ghisa che nascondeva. Un cedimento che ha provocato la morte di Vito Scafidi, uno studente di 17 anni. Migliorano invece le condizioni dei suoi compagni di classe rimasti feriti tranne Andrea, il più grave, che dovrà subire un altro intervento e rischia di rimanere paralizzato.

Va avanti l'inchiesta aperta dalla procura che indaga per disastro e omicidio colposo a carico di ignoti, mentre dilagano le polemiche sulla sicurezza negli edifici scolastici. Nuovo sopralluogo del procuratore aggiunto, Raffaele Guariniello, tra i primi ieri a recarsi sul luogo della tragedia: "Stiamo raccogliendo la documentazione, e stiamo sentendo dei testimoni", ha detto, sottolinenando che sarà "importante", per la procura, il lavoro svolto sin da stamani dai consulenti tecnici. "Da tutti questi elementi - ha detto il procuratore aggiunto - conterei che si riesca a dare una spiegazione di questo evento". In ogni modo, da eventi di questo tipo "bisogna trarre sempre degli insegnamenti - sottolinea il pm Guariniello - in questi ambienti, sia di lavoro che nelle scuole dove mandiamo in nostri figli, bisogna investire in sicurezza".

Intanto all'istituto si va avanti è sono già scattate nella parte non sequestrata dalla magistratura, le verifiche delle controsoffittature da parte dei tecnici. "L'edificio è vecchio e in passato ha avuto qualche problema - ha detto oggi la preside, Maria Torelli che questa mattina era nel suo ufficio - ma mai, ripeto mai, abbiamo avuto problemi con i controsoffitti. Questo è il fine settimana più brutto della mia vita. Sono vicinissima alle famiglie degli studenti, in particolare a quella di Vito Scafidi. Non lo conoscevo di persona perché la scuola ha più di mille studenti e conosco solo quelli che mi creano dei problemi. E Vito non era tra questi".

A Rivoli oggi hanno fatto un sopralluogo anche il presidente della Provincia, Antonio Saitta e l'assessore provinciale all'istruzione Umberto D'Ottavio. Nel pomeriggio, intanto, si svolgerà a Torino, davanti a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche dell'Università, un presidio di studenti e genitori su quanto è successo ieri al liceo di Rivoli.

Intanto Andrea Macrì, 17 anni, il più grave dei feriti, già operato alla colonna vertebrale al Cto, dovrà subire un nuovo intervento. "Le condizioni di Andrea Macrì - ha detto stamattina Antonio Miletto, direttore del dipartimento di emergenza del Cto - sono buone. Ha subito un intervento di stabilizzazione della colonna vertebrale per completare la quale avrà bisogno di una seconda operazione che verrà effettuata domani o martedì al massimo. Soltanto dopo questo secondo intervento sarà possibile effettuare una valutazione neurologica. Resta quindi la prognosi riservata".

Il rischio è che Andrea Macrì possa rimanere paralizzato agli arti inferiori. Il giovane, che è sedato, è arrivato cosciente in ospedale. Si ricordava ciò che era successo. "Ha reagito con molta forza - ha spiegato Miletto - chiedeva dell'amico morto. Probabilmente gli era vicino quando è crollato il soffitto. Prima dell'intervento è stato affiancato da un gruppo di psicologi".

Migliorano, invece, le condizioni delle altre due ragazze ricoverate al Cto. Netto il miglioramento per Cinzia che ha una prognosi di 20 giorni e che sarà dimessa nei prossimi giorni mentre Federica, che ha riportato una frattura vertebrale che non necessita di intervento chirurgico e senza danni neurologici, ha una prognosi di 60 giorni. "E' stato terribile, l'ho vista davvero grigia", racconta oggi Federica dal letto dell'ospedale, "per un attimo ho temuto il peggio".

"Non sono della quarta G - racconta la ragazza - ero lì per salutare la mia amica Cinzia e organizzare con lei il sabato sera, ma all'improvviso è accaduto quello che ormai sapete. Purtroppo mi hanno riferito che Vito non ce l'ha fatta e mi hanno anche detto di Andrea", il ragazzo che rischia la paralisi. "Mi dispiace davvero tanto", dice nascondendo la commozione dietro gli occhiali da vista.
(23 novembre 2008)

Fonte: Repubblica

CROLLO SCUOLA: STRUTTURE INSICURE, A RISCHIO 2 SU 3

CROLLO SCUOLA: STRUTTURE INSICURE, A RISCHIO 2 SU 3

Vecchie, prive di manutenzione, costruite in zone ad alto rischio sismico, e con impianti elettrici non sempre a norma, per non parlare del certificato prevenzione incendi e dell'agibilità' statica. Le scuole italiane sono insicure, e la tragedia di Torino, dove il crollo del tetto di una scuola ha causato la morte di uno studente di 17 anni, non fa altro che confermare un drammatico trend. Tre scuole su quattro, secondo il Codacons, non sono a norma.

Solo il 25% degli edifici, infatti, ha sia il certificato di agibilita' statica, sia quello di agibilita' igienico sanitaria, sia il certificato prevenzione incendi. Un'analisi pessimistica? Probabilmente no, se lo stesso ministero dell'Istruzione dopo un'indagine ha individuato 10mila scuole non sicure. E una recente indagine di Legambiente rincara la dose: uno studente che entra oggi nel mondo della scuola ha grosse probabilita' di trovarsi in un edificio vecchio e fatiscente (il 52,8% e' stato costruito prima del 1974, cioe' prima che entrassero in vigore gli attuali criteri di edilizia antisismica), e privo di manutenzione. Appena il 6,26% degli edifici sono stati costruiti in tempi recenti, dal 1990 al 2006, e resiste un 4,49% che risale addirittura all'800 se non prima.

Meno della meta' delle scuole, il 47,11%, ha goduto di qualche intervento di cura straordinaria negli ultimi 5 anni, e il 23,62% necessiterebbe di interventi urgenti. Senza contare le strutture sportive, che spesso sono un optional (il 36,57% delle nostre scuole ne e' completamente sprovvista) e il rischio sismico: tre scuole su quattro sono costruite proprio in zone ad alto rischio, ma il 40% non ha il certificato di agibilita' statica. E il Piemonte spicca per l'eta' delle sue scuole: quasi meta' (il 47,7%) e' stato costruito prima del 1974, e il 41,4% (tra cui il liceo di Rivoli) e' ospitata in edifici storici.

Fonte: Repubblica

Il nastro che svela Concorsopoli

Il nastro che svela Concorsopoli

MESSINA - «Quando ho deciso che mi dovevo opporre a questo "sistema" il mio pensiero è anche andato al mio amico e collega Matteo Bottari (ucciso nel 1998, ndr). Ho subito minacce, intimidazioni; ma non potevo permettere che diventasse docente uno, chiunque esso fosse, che non avesse i meriti e le qualità. E non sono stato il solo, tutta la commissione ha valutato non idoneo il candidato raccomandato dal rettore Tomasello». Chi parla, per la prima volta con i giornali, è Giuseppe Cucinotta professore ordinario della facoltà di Veterinaria di Messina che con la sua denuncia ha provocato un vero e proprio terremoto nell' ateneo. Le sue dichiarazioni hanno portato al rinvio a giudizio del rettore, che sarà processato insieme a ventidue tra docenti e dirigenti dell' università messinese il 5 marzo prossimo.

L' accusa: avere truccato concorsi per fare diventare docenti e ricercatori figli di altri docenti, di magistrati, di esponenti della Messina che conta. «Non lo potevo e non lo volevo fare - prosegue Cucinotta - non sarei stato a posto con la mia coscienza e così ho denunciato tutto alla magistratura. Spero solo che il mio non sia stato un gesto inutile, e che possa dare speranza a tanti giovani che sono figli di nessuno». Per alcuni mesi il professor Cucinotta ha girato con addosso un registratore, raccogliendo su nastro le minacce e le intimidazioni che gli venivano inviate dal rettore e da altri docenti per pilotare il concorso che avrebbe dovuto essere vinto da Francesco Macrì, figlio di un pro-rettore.

Le minacce cominciarono ad arrivare subito dopo il bando di quel concorso fatto ad hoc. Il professore Orazio Catarsini, ex preside della facoltà di Veterinaria, «messaggero» del rettore Tomasello si incontra con il professor Cucinotta e lancia un avvertimento. Catarsini: «Giuseppe, io sono soltanto un messaggero del Magnifico e con questo concorso sta scoppiando una bomba. Questo concorso lo deve vincere Macrì, in caso contrario non avrai più protezione e la magistratura aprirebbe un' inchiesta...». Pochi giorni dopo è il turno di un altro «messaggero», il docente di veterinaria Giovanni Caiola. Caiola: «Guarda che se non vince il figlio del professor Macrì ti tagliano le gambe e per te ci saranno tempi duri. Se non vince Macrì il concorso deve andare in bianco».

Ma non è soltanto il professor Cucinotta ad avere paura. Anche il candidato Filippo Spadola è terrorizzato per le pressioni ricevute. Telefonando ad un amico gli confida: «Ho partecipato a quel concorso ma ci sono problemi, il professor Cucinotta si è messo contro il sistema mafioso messinese». Quando il professor Catarsini viene interrogato dal pm Nastasi, conferma: «Fui convocato dal rettore e mi prospettò cosa stava accadendo per quel concorso che stava assumendo una direzione non auspicata, in quanto non sarebbe stato dichiarato idoneo il figlio del professor Macrì, persona per la quale il concorso era stato bandito. Questo perché il professor Cucinotta faceva delle resistenze. Il rettore mi chiese in modo accorato e pressante di intervenire su Cucinotta. Un eventuale rifiuto avrebbe comportato una presa di distanza del rettore dal Cucinotta stesso». - DAL NOSTRO INVIATO FRANCESCO VIVIANO

Concorsi truccati a Messina sotto accusa anche due magistrati

Concorsi truccati a Messina sotto accusa anche due magistrati

MESSINA - «Ciao Melitta, hai saputo? Mio marito è stato nominato all' unanimità presidente della Corte d' appello di Messina. Sono molto contenta, dillo anche a Franco (Tomasello, rettore dell' Università, ndr) e ricordagli del concorso di mio figlio. Ciao, ciao». Chi parla al telefono è la moglie del presidente della Corte d' appello di Messina, Nicolò Fazio, chi risponde è Melitta Grasso, moglie del rettore e dirigente dell' Università, il cui telefono è intercettato dalla Guardia di Finanza perché coinvolta in una storia di tangenti per appalti di milioni di euro per la vigilanza del Policlinico messinese. Ma non è la sola intercettazione. Ce ne sono tante altre, anche di magistrati messinesi, come quella del procuratore aggiunto Giuseppe Siciliano che raccomanda il proprio figlio.

Inutile dire che tutti e due i figli, quello del presidente della Corte d' appello e quello del procuratore aggiunto, hanno vinto i concorsi banditi dall' ateneo. Posti unici, blindati, senza altri concorrenti. Francesco Siciliano è diventato così ricercatore in diritto amministrativo insieme a Vittoria Berlingò (i posti erano due e due i concorrenti, ndr), figlia del preside della facoltà di Giurisprudenza, mentre Francesco Siciliano è diventato ricercatore di diritto privato. Senza nessun problema perché non c' erano altri candidati, anche perché molti aspiranti, come ha accertato l' indagine, vengono minacciati perché non si presentino.

Le intercettazioni sono adesso al vaglio della procura di Reggio Calabria che, per competenza, ha avviato un' inchiesta sulle raccomandazioni dei due magistrati messinesi, che si sarebbero dati da fare con il rettore Franco Tomasello per fare vincere i concorsi ai propri figli. Altri guai dunque per l' ateneo che, come ha raccontato «Repubblica» nei giorni scorsi, è stato investito da una bufera giudiziaria che ha travolto proprio il rettore, Franco Tomasello, che è stato rinviato a giudizio e sarà processato il 5 marzo prossimo insieme ad altri 23 tra docenti, ricercatori e funzionari a vario titolo imputati di concussione, abuso d' ufficio in concorso, falso, tentata truffa, maltrattamenti e peculato.

In ballo, alcuni concorsi truccati e le pressioni fatte ad alcuni candidati a non presentarsi alle prove di associato. E in una altra indagine parallela è coinvolta anche la moglie del rettore, Melitta Grasso, dirigente universitaria, accusata di aver favorito, in cambio di «mazzette», una società che si era aggiudicata l' appalto, per quasi due milioni di euro, della vigilanza Policlinico di Messina. Un appalto che adesso costa appena 300 mila euro.

L' inchiesta sull' ateneo messinese dunque è tutt' altro che conclusa ed ogni giorno che passa si scoprono altri imbrogli. Agli atti dell' inchiesta, avviata dopo la denuncia di un docente che non accettò di far svolgere concorsi truccati, ci sono molte intercettazioni della moglie del rettore. Convinta di non essere ascoltata, durante una perquisizione della Guardia di Finanza Melitta Grasso dice ad un suo collaboratore («Alberto») di fare sparire dall' ufficio documenti compromettenti. In una interrogazione del Pd al Senato, si chiede al ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini «se intende costituirsi parte civile a tutela dell' immagine degli atenei e inoltre se intenda sospendere cautelativamente il rettore di Messina». - FRANCESCO VIVIANO

L' autodifesa del rettore di Messina 'Qualcuno mi vuole esautorare'

L' autodifesa del rettore di Messina 'Qualcuno mi vuole esautorare'

«Sono state dette numerose inesattezze e falsità». Si difende così il rettore dell' Università di Messina, Franco Tomasello, nel corso di una conferenza stampa indetta dopo le notizie sul coinvolgimento della moglie Carmela Grasso, neurochirurgo e dirigente dell' università, in una indagine per corruzione. «Non voglio entrare nel merito dell' indagine condotta dalle autorità competenti - dice il rettore - dico solo che una commissione ad hoc per monitorare l' attività del Policlinico l' ha istituita questa università, nel 2007». Il rettore ricorda la nomina di Giuseppe Pecoraro al vertice della struttura: «Ha fatto piazza pulita di costi ritenuti troppo esosi e inutili», aggiunge il rettore: «Fin dal mio insediamento ho impostato una condotta di trasparenza sapendo che la mia condotta non sarebbe stata gradita ad alcuni soggetti.

C' è un manipolo di persone che pensa di poter fare valere la filosofia di servirsi di una istituzione pubblica per fini personali, io non lo accetto e andrò avanti per la mia strada». Intanto, ieri, si è insediata una commissione per esaminare le procedure attuate dall' Ateneo peloritano per quel processo di trasparenza annunciato dallo stesso Tomasello. «Tre figure eminenti - afferma il rettore - di cui non conosco nemmeno i nomi, stanno esaminando i documenti di questa università. Se qualcosa non va, sarà la Procura poi a rintracciare i responsabili». Per il Policlinico, il commissario ha già stilato una relazione che fotografa le condizioni dell' azienda universitaria.

Come anticipato ieri da Repubblica, la moglie del rettore, Carmela Grasso risulta indagata per corruzione, «in concorso con altri», nella gestione dei servizi di vigilanza e per la fornitura di pasti al Policlinico di Messina. Assieme a lei, sarebbero indagate altre cinque persone.

Tangenti(Unime), indagata la moglie del rettore

Tangenti, indagata la moglie del rettore

FRANCESCO VIVIANO MESSINA - Il «verminaio» a Messina non è mai finito. Si riproduce, forse peggio di prima, e non si riesce, almeno per il momento, a spazzare via, affari, baronati e centri di potere. E, come ai tempi della Commissione antimafia che sbarcò a Messina svelando una serie di intrecci mafiosi che vedevano insieme in un comitato d' affari politici, colletti bianchi e uomini d' onore, al centro c' è sempre l' Università ed il Policlinico di Messina. Anzi i vertici del Policlinico, una delle principali industrie della città dello Stretto.

Dopo il rettore, Francesco Tomasello che lo scorso anno fu indagato e sospeso per due mesi dalla carica nell' ambito di una inchiesta su delitti, appalti e clan, adesso nel mirino della magistratura messinese è finita la moglie, la dottoressa Melitta Grasso, neurochirurgo e dirigente dell' Università. è accusata di corruzione in concorso con altri nella gestione dei servizi di vigilanza e della fornitura di pasti del Policlinico di Messina. Secondo l' accusa, la dottoressa Melitta Grasso avrebbe intascato tangenti di migliaia di euro per agevolare l' assegnazione di lucrosissimi appalti a ditte a lei vicine.

Appalti di milioni di euro che negli ultimi mesi, con l' arrivo al Policlinico del commissario straordinario, Giuseppe Pecoraro, sono stati ridimensionati e ridotti a centinaia di migliaia di euro. Proprio in questo divario risiede uno degli elementi che ha spinto magistrati e investigatori ad approfondire procedure e giri di denaro. E le reazioni non si sono fatte attendere, tanto che nel giro di una settimana gli uffici amministrativi del Policlinico sono stati visitati da ignoti che hanno rubato computer ed altro materiale. Ma non computer a caso, proprio quelli dell' amministrazione dov' era custodita anche la documentazione relativa agli appalti, vecchi e nuovi.

Un' intimidazione, un «segnale» che Pecoraro impegnato a disarticolare la ragnatela del malaffare nel Policlinico messinese, non sottovaluta: «Molto probabilmente si tratta di avvisaglie, per orientarci a riattivare vecchi sistemi: non ci riusciranno». Ma per tentare di capire cosa sta accadendo al Policlinico di Messina, ricominciamo dalle ultime indagini che hanno investito i vertici e, soprattutto, la moglie del rettore, Melitta Grasso che è finita dentro un groviglio di interessi sui quali da tempo sta indagando la magistratura e la Guardia di finanza.

Le Fiamme gialle hanno messo il naso sui conti correnti della moglie di Francesco Tomasello, monitorando conti correnti ed altri affari. Tutto documentato in un dossier che adesso è finito sul tavolo dei sostituti procuratori della Repubblica, Sciglio e Nastasi. Sono loro i titolari dell' inchiesta che vede indagata Melitta Grasso e gli altri. L' indagine ruota attorno al milionario appalto della sorveglianza del Policlinico di Messina che fino ad alcuni mesi fa era gestito dalla società di vigilanza "Il Detective". Un appalto da un miliardo e settecentomila euro l' anno che adesso, con l' arrivo di Pecoraro, costa poco più di 300 mila euro e che è stato affidato ad una altra azienda di vigilanza. La differenza tra il primo ed il secondo appalto, è il sospetto di chi indaga, svela l' esistenza di costi «aggiuntivi» e tra questi, secondo le ipotesi degli investigatori, le «tangenti» che "Il Detective" avrebbe elargito alla dottoressa Melitta Grasso.

La dirigente sa di essere indagata al punto da parlare al telefono tranquillamente dicendo ai suoi interlocutori che «dimostrerà la provenienza» di quei soldi. Anche di una costosissima borsa Louis Vuitton che un giorno la dottoressa Grasso avrebbe visto in un negozio del centro di Messina e che le fu poi regalata dai dirigenti de "Il Detective". L' inchiesta era stata avviata nel settembre dello scorso anno quando Daniela e Cristina Corio, due delle quattro figlie dei coniugi Corio che erano titolari della società di vigilanza "Il Detective", denunciarono degli imbrogli all' interno della società. Era poi intervenuto, Emanuele Galizia, ex poliziotto ed ex agente dei servizi segreti, che era stretto collaboratore di Daniela e Cristina Corio, riferendo che Enzo Savasta, ex dipendente de "Il Detective" poteva garantire gli appalti perché li aveva sempre ottenuti sulla base di rapporti personali. L' appalto per la vigilanza al Policlinico era stato aggiudicato nel 2003, quando rettore era Gaetano Silvestri.

Tre anni dopo, nel 2006 la vigilanza all' Università era stata vinta sempre da "Il Detective" ma con una procedura che adesso gli investigatori stanno verificando in ogni suo aspetto. L' azienda era l' unica partecipante alla gara aggiudicato a un prezzo di poco inferiore a quello massimo. Un appalto che fu censurato anche dal collegio dei revisori. Ed in questo appalto, secondo l' accusa, ci sarebbe stato l' interessamento di Melitta Grasso che è finita nel registro degli indagati per corruzione in concorso. L' inchiesta è soltanto agli inizi. Nel mirino degli accertamenti sono finiti anche altri appalti. A cominciare da quello per i pasti. Che sarebbero stati «salatissimi». - FRANCESCO VIVIANO

Messina, l' ateneo ad amici e parenti

Messina, l' ateneo ad amici e parenti

FRANCESCO VIVIANO MESSINA - Dentro il tempio del sapere, nell' università di Messina, è in corso un vero e proprio terremoto giudiziario che ha coinvolto i vertici dell' ateneo della città dello stretto. Tutto provocato da "Parentopoli" (raccomandazioni e minacce a studenti per non partecipare ai concorsi truccati dove il vincitore era sempre "figlio di") e presunte tangenti per l' affidamento della vigilanza del policlinico messinese. E dopo il rinvio a giudizio del Magnifico Rettore, Franco Tomasello che sarà processato il 5 marzo prossimo insieme ad altri 23 tra docenti e docenti ricercatori e funzionari d' ateneo a vario titolo imputati di concussione, abuso d' ufficio in concorso, falso, tentata truffa, maltrattamenti e peculato per alcuni concorsi truccati, l' inchiesta si allarga a amcchia d' olio ed in procura arrivano nuove denunce, nuovi scandali.

Ed in questo bailamme giudiziario è coinvolta, per un' altra vicenda, proprio la moglie del rettore, Melitta Grasso, dirigente universitaria, accusata di aver favorito, in cambio di "mazzette", una società che si era aggiudicata l' appalto, per quasi due milioni di euro, della vigilanza del Policlinico di Messina. Un appalto che adesso costa appena 300 mila euro. Alla Procura della Repubblica di Messina, al nostro giornale ed alle forze dell' ordine, sono giunte denunce, anonime e firmate, di alcuni docenti ed aspiranti ricercatori ed associati che raccontano quanto accade dentro l' ateneo messinese, vero e proprio feudo di una ventina di famiglie, presidi, docenti, ricercatori e funzionari amministrativi che si aiutato l' un l' altro presiedendo commissioni d' esami che consentono lo "scambio" di assunzioni di figli, generi, nipoti e amici stretti.

Il tappo è saltato proprio per uno di questi concorsi truccati, quello bandito lo scorso anno per un posto di associato alla facoltà di medicina Veterinaria che doveva essere vinto, "ad ogni costo", da Francesco Macrì, figlio del prorettore, Battesimo Macrì e sponsorizzato proprio dal rettore Franco Tomasello. Molti aspiranti a quel posto furono intimiditi e minacciati per non presentarsi al concorso e lasciare vincere il figlio del prorettore. Accadde però qualcosa di straordinario per l' Università, il docente di Veterinaria, Giuseppe Cucinotta che aveva incoraggiato i suoi allievi a partecipare a quel concorso che era stato fatto su misura per Francesco Macrì, denunciò i fatti alla Procura della Repubblica.

La Commissione che presiedeva il concorso definì il raccomandato dal padre, Battesimo Macrì e dal rettore, Franco Tomasello «carente di preparazione di base, in possesso di superficiale conoscenza della materia, scarsa capacità espositiva e sensibilità didattica». Il concorso lo vinse uno sconosciuto Filippo Spadola ma non fu facile per lui ottenere la chiamata del Consiglio di Facoltà. Soltanto dopo un anno, dopo essersi rivolto alla magistratura ed agli organi di giustizia amministrativa, il signor Filippo Spadola ottenne finalmente il suo posto. E quando fu chiesto un parere al delegato del rettore, il professor Raffaele Tommasini, se si poteva ritardare la "chiamata" di Spadola, in una conversazione intercettata diceva: «Bastava dire che l' idoneo non corrispondeva al profilo richiesto dalla Facoltà». Ed un altro docente, Antonino Pugliese, diceva candidamente che non importava se il candidato, raccomandato dal padre e dal rettore, «nel corso delle prove non avesse neanche potuto definire la carie».

Insomma all' Università di Messina tutto si può o si poteva fare anche perché le "famiglie" si proteggevano l' una con l' altra. Io assumo tua figlia, tua nuora, tuo nipote e tu assumi i miei parenti. E non è un caso, come ha scoperto il settimanale messinese Centonove che il 50 per cento dei 1.500 docenti dell' Università messinese ha almeno un omonimo. Sono tutti padri, mogli, figli, generi, nuore, nipoti, cugini o quasi parenti. - FRANCESCO VIVIANO

giovedì 20 novembre 2008

Operazione Symposium: coinvolta UNICAL

Operazione Symposium: coinvolta UNICAL

20-11-2008 - La Calabria è sicuramente ormai abituata ad apprendere che la sua mancanza di sviluppo nasce dalle numerose truffe allo Stato e all’Unione Europea. Forse i cittadini si sono talmente assuefatti a tale sistema, che hanno finito col sorvolare su tale tipo di notizie.

Non si può, però, non rimanere allibiti apprendendo dall’operazione “Symposium”, che in una presunta truffa di oltre 30 milioni di euro, c’è il coinvolgimento di qualche Docente dell’Università degli Studi della Calabria.

Non voglio assolutamente approfittare di questo ulteriore macigno che si abbatte sulla Calabria per pensare di affossare l’immagine di un Ateneo che ho sempre considerato all’avanguardia nell’istruzione universitaria italiana. Tuttavia non mi sentirei onesta se non evidenziassi che anche parte di questo Ateneo calabrese non è rimasta immune dall’appartenenza ad un sistema che ha fatto della Calabria una Regione dove tutto è consentito, con la parvenza della liceità.

On. Angela Napoli

sabato 15 novembre 2008

Manifestazione Nazionale 14 novembre 2008

Il movimento studentesco "Trasparenza Autonomia Partecipazione" ha preso parte alla manifestazione nazionale del 14 novembre 2008. Presenti da Reggio Calabria anche il "Collettivo unirc" e l'Accademia di Belle Arti. Quest'ultima protagonista del corteo grazie alla realizzazione di due giganti raffiguranti l'istruzione e la finanziaria.

Nelle giornate di sabato e domenica l’università La Sapienza di Roma, , accoglie l’assemblea nazionale degli studenti: due giorni per discutere di “autoriforma” a cui prenderanno parte anche i gruppi reggini più attivi sul territorio.

Obiettivo dell’assemblea è quello di elaborare, al posto dei provvedimenti volti a «razionalizzare e ridurre la spesa e il debito pubblico» della Legge 133, una serie di proposte per riformare davvero il sistema universitario italiano. Una «costituente», cosi come si percepisce dagli studenti. Perché nessuno vuole difendere lo status quo – che è fatto di precariato, di logiche baronali, di una formazione sempre più spizzicata e superficiale – ma tutti vogliono poter dire la loro.

mercoledì 12 novembre 2008

OBIETTIVO AUTORIFORMA

il manifesto del 08 Novembre 2008
OBIETTIVO AUTORIFORMA
Francesco Raparelli

Pensavano di aver usato le armi giuste stavolta. Dopo i manganelli della festa del Cinema, dopo le minacce di sgombero per le occupazioni, dopo le denunce e i neofascisti di piazza Navona, dopo i Cossiga e i Mantovano, il primato della comunicazione. Conferenza stampa per la Gelmini, toni meno dirigisti, anticipati dagli editoriali distensivi del Corriere, Giavazzi e Franchi in prima fila: questi giovani che protestano vogliono il cambiamento, il decreto aiuta gli studenti e i precari e combatte i baroni: la Gelmini fa parte dell'Onda! Sipario. Giochi linguistici, appunto, laddove ci si rende conto che i consensi calano e che il movimento sta vincendo e non si ferma.

Astuzie della comunicazione che ci consegnano il nocciolo profondo del tentativo di riforma gelminiano: differenziare i finanziamenti per gli atenei, imporre la logica dell'efficienza produttiva, innalzare conseguentemente le rette e introdurre il numero chiuso, il tutto accompagnato da qualche briciola per le borse di studio o i prestiti d'onore. «Ne resterà soltanto uno», recitava un vecchio film: ne resteranno solo poche, eccellenti, ben finanziate e inaccessibili ai più, salvo per chi, poverissimo, sarà disposto a caricare sulle proprie spalle ventenni debiti per decine di migliaia di euro.

La triste fine del debito privato americano la conosciamo tutti, si chiama crisi globale. Ma il movimento non si è perso nelle astuzie della comunicazione ed è andato al cuore della faccenda: senza il ritiro della legge 133 le lotte non si fermano.

La giornata di ieri ne è stata dimostrazione straordinaria: decine di migliaia di studenti e precari in corteo, a Roma, aMilano, a Napoli e in molte altre città. Niente male per una giornata di manifestazioni interamente auto-organizzate, a soli otto giorni dalla grande mareggiata del 30 ottobre. Ed è proprio a partire dallo storico risultato del 30 ottobre che il movimento della Sapienza in particolare, ma degli atenei in rivolta più in generale, ha rivolto un appello alle forze sindacali, di base e confederali, per dare vita e costruire assieme un grande sciopero generale in grado di paralizzare il paese e di imporre un'altra agenda in merito alle politiche sociali.

L'offensiva che questo governo sta infliggendo alle istituzioni del welfare ci pone di fronte a un bivio epocale: accettare la dismissione delle garanzie pubbliche, riconquistare democraticamente il welfare, trasformare questa riconquista in una grande sfida di nuova politica. Ed è proprio la democratizzazione della ricerca e della formazione in genere che sta a cuore a questo movimento. Autoriforma dell'università, la parola d'ordine che attraversa le mobilitazioni, che compone l'agenda delle discussioni di facoltà. Non solo il blocco della città come nuovo strumento di sciopero,maanche la proposta, la costruzione di un'alternativa concreta, una grande potenza auto-normativa degli studenti e dei precari della ricerca.

Lungo la manifestazione del 14, durante la due-giorni di assemblee nazionali che si svolgeranno presso la Sapienza il 15 e 16, i temi saranno questi: lo sciopero generale per un verso, l'autoriforma dell'università per l'altro. Nello stesso tempo, la necessità di articolare lo slogan che non smette di fare il giro del paese, «Noi la crisi non la paghiamo!».
*Dottorando di ricerca in Filosofia politica

venerdì 7 novembre 2008

Messina: studenti occupano Rettorato


Venerdì 07 Novembre 2008 15:38


Il presidio della settimana scorsa al rettorato di Messina

Diversi studenti dell'ateneo di Messina stanno occupando i locali del rettorato dopo aver preso parte al corteo partito stamani da piazza Antonello per protestare contro i tagli all'universita' prevista dalla riforma Gelmini. Secondo una prima ricostruzione dei sindacati, i manifestanti hanno deciso di occupare i locali dopo che gli era stato vietato di entrare nell'universita' in quanto questa mattina le porte dell'ateneo erano state bloccate: gli studenti sono riusciti a forzare il blocco e ad entrare.

Una delegazione e' stata poi ricevuta da uno dei pro rettori. Al corteo di protesta di questa mattina ha preso parte anche la Cgil di Messina. ''Non si puo' parlare di riforma perche' non esiste una riforma senza investimenti. Il governo ha operato solo tagli e poi sulla base della riduzione delle risorse ha disegnato una scuola e una universita' piu' povera e meno formativa'', ha detto Graziamaria Pistorino, segretaria generale della Flc Cgil Messina.

''Se si blocca il turn over si ferma l'avvicendamento tra i vecchi baroni e i nuovi docenti. Avremo un'universita' sempre piu' vecchia'', ha spiegato Daniele David, della Nidil Cgil di Messina. (ANSA).

Università: manifestazioni e cortei in tutta la Calabria

Università: manifestazioni e cortei in tutta la Calabria
Venerdì 07 Novembre 2008 11:26

Manifestazioni di protesta degli studenti universitari e delle scuole medie superiori sono in corso da stamani a Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. A Cosenza il corteo degli studenti e' aperto da uno striscione con la scritta ''Noi la crisi non la paghiamo''. Universitari, studenti delle scuole della citta', ricercatori e docenti dell'Unical si sono ritrovati a piazza Zumbini e stanno intonando cori contro il governo: ''Una, dieci, cento, mille occupazioni'' e poi ancora ''Gelmini non ti vogliamo''.

A Cosenza sono giunte anche delegazioni di studenti universitari di Messina, Potenza e Reggio Calabria. ''Stiamo partecipando molti docenti dell'ateneo - ha detto il preside della facolta' di Lettere dell'Unical, Raffaele Perrelli - Lo scopo principale e' quello di arginare la politica del governo sia in tema di tagli che di trasformazioni delle fondazioni. E' importante la nostra presenza accanto agli studenti''. A Catanzaro gli studenti dell'Universita' Magna Grecia e delegazioni delle scuole medie superiori stanno partecipando ad un corteo che sfilera' per le vie principali del capoluogo calabrese.

A Reggio Calabria, a causa della pioggia delle scorse ore, gli studenti hanno deciso di trasformare il corteo in un Sit-In in corso nei pressi del lungomare.(ANSA)
Movimento studentesco: la posizione degli studenti di Agraria
Venerdì 07 Novembre 2008 10:36
La nascita del movimento studentesco in opposizione alla riforma del sistema scolastico e universitario risulta essere uno dei fenomeni più interessanti dell’ultimo mezzo secolo.

Dinnanzi ad un provvedimento normativo che interessa il futuro delle nuove generazioni,quindi scuola e università in maniera del tutto spontanea e libera gruppi di studenti,a prescindere dal colore politico di appartenenza hanno creato un trade union che ha portato in tutta la Calabria ed in tutta Italia una mobilitazione di massa che da diverso tempo non si vedeva segno di una maturità politica che noi giovani oggi possediamo.

La reale voglia di manifestare il proprio dissenso nei confronti di chi non ha coinvolto le parti sociali e non ha curato gli interessi del mondo dei giovani ha fatto si che alla protesta degli studenti si aggiungesse il personale dipendete ai docenti,a quasi tutte le organizzazioni studentesche giovanili , a gran parte della società civile.

Anche dentro l’Università Mediterranea è nata una mobilitazione che ha coinvolto gran parte del corpo discente,importante sotto questo punto di vista è stata l’assemblea,che ha coinvolto un numero impressionante di studenti , alla quale ha preso parte il Magnifico Rettore dell’Università Mediterranea Prof Massimo Giovannini ed il direttore amministrativo dott. Antonio Romeo.

L’Università oggi ha bisogno di essere supportata ed incentivata,ha bisogno di un governo nazionale che possa tutelare e sostenere le esigenze degli studenti che possa consentire a tutto il Sud di crearsi le basi per il proprio futuro,in base ai normali criteri di meritocrazia; ritengo che questo stato di mobilitazione debba proseguire,sempre in maniera pacifica e moderata per dare in modo ancora più forte il sentore che il cambiamento che vogliamo debba necessariamente passare dal dialogo e dal confronto, principi basilari di una democratic governace,noi studenti Universitari non ci fermiamo!!!

Insieme si può.

Domenica Caia
Consigliere degli Studenti Facoltà di Agraria
Strill.it

ASSEMBLEA UNIVERSITÁ MEDITERRANEA DEL 5 novembre 2008

Si è svolta nell’affollatissima Aula Magna di Ateneo "Antonio Quistelli", l’assemblea dell’Università Mediterranea con grande partecipazione di tutte le componenti accademiche.

Dopo gli interventi del Rettore e del Direttore Amministrativo, hanno preso la parola i rappresentanti degli studenti, dei docenti, dei dottorandi di ricerca (ADI) e del personale tecnico-amministrativo.

Ne è scaturito l’allegato documento di sintesi:

ASSEMBLEA UNIVERSITÁ MEDITERRANEA DEL 5 novembre 2008

L’assemblea della Mediterranea, riunitasi in data 5 novembre 2008 presso l’Aula Magna di Ateneo “Antonio Quistelli”, ha discusso sulle misure contenute nella Legge 133/08 e in particolare sul blocco del turn-over del personale delle università, sui consistenti tagli del Fondo di Funzionamento Ordinario delle università italiane e sulla nascita delle Università/Fondazioni.
Preliminarmente l’assemblea accoglie e condivide i contenuti del documento approvato il 28 ottobre dagli studenti della Facoltà di Architettura in merito ai tagli previsti dalla Legge 133/08 e nel merito manifesta le seguenti considerazioni:

1) Il blocco del Turn-Over ridurrà inevitabilmente il numero dei docenti e impedirà che si possa realizzare un cambiamento generazionale dentro il Sistema Universitario, impedendo l’inserimento nell’Università di giovani dottorandi, ricercatori precari, assegnisti, borsisti, collaboratori atipici e personale precario.
L’altro aspetto, preoccupante, viene dal fatto che senza il turn-over si dovranno chiudere corsi di laurea e comunque sarà impossibile aprirne altri.
Le conseguenze per l’Università Mediterranea saranno la rinuncia nei prossimi anni a circa 30 unità di personale tra docenti e PTA, che non potranno essere sostituite se non per una percentuale risibile, e quindi una riduzione massiccia della didattica, quantificabile in 2000 ore di lezione, danneggiando così gli studenti che avranno un’offerta formativa sempre meno ricca e docenti in numero non sufficiente a sostenere i corsi di studio. Ciò impedirà, a maggior ragione, l’ampliamento dell’offerta formativa in Facoltà come Giurisprudenza che ha forti richieste da parte degli studenti di aprire il Corso di Laurea Specialistica in Scienze economiche.

2) I tagli al Fondo di Funzionamento Ordinario produrranno inevitabilmente il dissesto dell’intero sistema universitario italiano che con i drammatici tagli prospettati diverrà non sarà neanche nelle condizioni di remunerare gli stipendi al personale.
Il sistema universitario è già largamente sotto finanziato rispetto agli standard europei. Viene chiesto di sommare l’aumento inevitabile delle spese obbligatorie ai tagli che vengono ora previsti in crescita per cinque anni.
La Mediterranea, è una delle università che mantiene il rapporto FFO/Stipendi nei limiti del 90%, e precisamente all’86,3%, e che non ha alcun indebitamento.
Con la decurtazione prevista dalla Legge Tremonti il nostro Ateneo si troverà, nell’arco di 5 anni, ad avere una riduzione di circa cinque milioni di euro rispetto ai trenta milioni che attualmente rappresentano l’FFO. Se si considera che attualmente le spese per stipendi fissi ammontano a circa venticinque milioni di euro, si comprende bene come l’integrale applicazione della Legge Tremonti porterà in qualche anno all’utilizzo dell’intero FFO per il pagamento degli stipendi, con conseguenti riduzioni nei servizi agli studenti, alla ricerca e alla didattica, che non potrebbero essere più finanziate neanche per mantenere i servizi essenziali.

3) Riguardo alla possibilità di trasformare gli Atenei in Fondazioni private, sembra veramente incredibile che una decisione di tale portata possa essere ridotta a un comma inserito in una legge di carattere finanziario, senza che vi sia stata neanche una concertazione con i soggetti interessati e soprattutto senza comprendere l’impossibilità dell’applicazione di tale norma in Atenei quali la Mediterranea che operano in un contesto territoriale privo di un tessuto imprenditoriale.

Ciò premesso, l’assemblea dell’Università Mediterranea in tutte le sue componenti esprime con forza un triplice NO ai tre punti cardine della legge Tremonti e invita il governo ad un immediato ripensamento su tali misure ed all’avvio di una concertazione con tutte le componenti accademiche del sistema universitario affinché le misure occorrenti per un rilancio delle università italiane siano contenute in un vero progetto di riforma che non può partire da misure finanziarie e tagli indiscriminati alle Università.

Contestualmente l’assemblea richiama alla condivisione delle responsabilità gli enti territoriali (Regione, Provincia e Comune) che sono chiamati in un momento drammatico di carenza di risorse a contribuire in maniera fattiva alla sopravvivenza e, se possibile, allo sviluppo della Mediterranea attraverso l’adozione di provvedimenti che attribuiscano risorse consolidate all’Ateneo

mercoledì 5 novembre 2008

Assemblea: Approvato documento

Università, no ai tagli indiscriminati PDF Stampa E-mail
Mercoledì 05 Novembre 2008 16:22
L'assemblea generale della comunita' accademica dell'Universita' Mediterranea di Reggio Calabria ha approvato un documento nel quale si ribadisce un ''secco no a tagli indiscriminati''.

L'assemblea, alla quale hanno partecipato circa settecento persone tra docenti, studenti e personale amministrativo dell'Ateneo, si e' svolta stamani ed e' stata coordinata dal Rettore dell'Universita' di Reggio Calabria, Massimo Giovannini. Per circa tre ore si e' discusso della riforma Gelmini e sono state analizzate le ripercussioni che si avranno nell'ateneo reggino.

L'assemblea e' stata molto partecipata e, con toni pacati, ha visto numerosi interventi da parte di docenti e studenti. Al termine dei lavori e' stato approvato un documento nel quale viene analizzata la situazione e si ribadisce anche la necessita' di un ''tavolo di concertazione per approdare ad una riforma del sistema universitario''.(ANSA).

Strill.it